Francesco Zanotti (presidente Federazione italiana settimanali cattolici): “È professionalmente sconcertante leggere toni così offensivi e basati su pregiudizi duri a morire. Certo risulta difficile per chi non abita il territorio italiano rendersi conto di ciò che si muove nel nostro Paese. È probabilmente troppo impegnativo, per chi non vuol vedere, tentare di ricordare la storia recente e meno recente d’Italia, ricca com’è di opere che vengono spesso, dal movimento cattolico”.
In un ampio servizio dedicato all’otto per mille in cui si confondono ancora Vaticano e Conferenza episcopale italiana (Cei) e in cui si raccontano verità parziali o strumentali (Avvenire di oggi ne denuncia e documenta imprecisioni, luoghi comuni e incompletezze), il settimanale L’Espresso in edicola da ieri ha dedicato un box alle Sante Gazzette. In poche righe si narra, prendendo le mosse dal libro in uscita I senza Dio, citando in questo caso il capitolo Come mungere lo Stato, dei contributi all’editoria destinati ad Avvenire, a Famiglia Cristiana e ai settimanali diocesani, mettendoli tutti insieme in una “lista delle Gazzette di ispirazione religiosa” che, secondo L’Espresso, “sarebbero generosamente sovvenzionate dallo Stato”.
Non dice nulla, invece, L’Espresso della legge del 1990 che stabilisce i contributi all’editoria, né dei principi in base ai quali tale legge e le precedenti sono state istituite. Non una parola per spiegare il pluralismo informativo e neppure per ragionare di libertà dinformazione o di democrazia informativa. Nulla di nulla dellarticolo 21 della Costituzione italiana, né del recente intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha chiesto al governo di rivedere i tagli all’editoria, accennando al rischio di “mortificazione del pluralismo dell’informazione” nel nostro Paese. Solo fango su “una lunga lista” che, sempre secondo L’Espresso, sarebbe “pure divertente da scorrere, infarcita com’è di testate improbabili”.
È professionalmente sconcertante leggere toni così offensivi e basati su pregiudizi duri a morire. Certo risulta difficile per chi non abita il territorio italiano rendersi conto di ciò che si muove nel nostro Paese.
È probabilmente troppo impegnativo, per chi non vuol vedere, tentare di ricordare la storia recente e meno recente d’Italia, ricca com’è di opere che vengono spesso dal movimento cattolico. Quella dei settimanali cattolici locali è una grande esperienza storica che ha avuto il merito di dare voce ai senza voce. Queste testate non sono, quindi, “Gazzette di ispirazione religiosa”, ma veri e propri giornali locali (per diffusione) dinformazione generale.
Basterebbe svolgere piccoli sondaggi nei vari territori dal Nord al Sud dell’Italia per scoprire una ricchezza reale, spesso ignorata dalla grande stampa e dai network nazionali, ma molto vicina alla gente.
Quella stessa gente che ogni settimana si ritrova sulle pagine dei nostri giornali dai nomi niente affatto improbabili, ma che richiamano gli anni di fine Ottocento quando i cattolici, fuori dalla politica attiva, diedero vita a infinite opere di cui ancora oggi godiamo gli effetti benefici.
Ecco quindi i nomi delle testate come L’Azione, Il Popolo, L’Araldo, La Difesa, La Vita, solo per citarne alcune che possono risultare improbabili per chi non ha camminato nel tempo sulle strade del nostro Paese e svolge la professione di giornalista chiuso in redazione e ancor più chiuso nellideologia.
Sono giornali ai quali i lettori da decenni sono abbonati o ogni settimana li acquistano in edicola.
Un milione di copie, quattro milioni di lettori, forse danno fastidio a qualcuno, ma dicono di un radicamento sul territorio che può far sorgere parecchie invidie e far nascere disinformazione.
In quanto ai contributi si può aggiungere che i periodici diocesani, ma non solo loro, fino all’anno di competenza 2009, hanno percepito 20 …
Non dice nulla, invece, L’Espresso della legge del 1990 che stabilisce i contributi all’editoria, né dei principi in base ai quali tale legge e le precedenti sono state istituite. Non una parola per spiegare il pluralismo informativo e neppure per ragionare di libertà dinformazione o di democrazia informativa. Nulla di nulla dellarticolo 21 della Costituzione italiana, né del recente intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha chiesto al governo di rivedere i tagli all’editoria, accennando al rischio di “mortificazione del pluralismo dell’informazione” nel nostro Paese. Solo fango su “una lunga lista” che, sempre secondo L’Espresso, sarebbe “pure divertente da scorrere, infarcita com’è di testate improbabili”.
È professionalmente sconcertante leggere toni così offensivi e basati su pregiudizi duri a morire. Certo risulta difficile per chi non abita il territorio italiano rendersi conto di ciò che si muove nel nostro Paese.
È probabilmente troppo impegnativo, per chi non vuol vedere, tentare di ricordare la storia recente e meno recente d’Italia, ricca com’è di opere che vengono spesso dal movimento cattolico. Quella dei settimanali cattolici locali è una grande esperienza storica che ha avuto il merito di dare voce ai senza voce. Queste testate non sono, quindi, “Gazzette di ispirazione religiosa”, ma veri e propri giornali locali (per diffusione) dinformazione generale.
Basterebbe svolgere piccoli sondaggi nei vari territori dal Nord al Sud dell’Italia per scoprire una ricchezza reale, spesso ignorata dalla grande stampa e dai network nazionali, ma molto vicina alla gente.
Quella stessa gente che ogni settimana si ritrova sulle pagine dei nostri giornali dai nomi niente affatto improbabili, ma che richiamano gli anni di fine Ottocento quando i cattolici, fuori dalla politica attiva, diedero vita a infinite opere di cui ancora oggi godiamo gli effetti benefici.
Ecco quindi i nomi delle testate come L’Azione, Il Popolo, L’Araldo, La Difesa, La Vita, solo per citarne alcune che possono risultare improbabili per chi non ha camminato nel tempo sulle strade del nostro Paese e svolge la professione di giornalista chiuso in redazione e ancor più chiuso nellideologia.
Sono giornali ai quali i lettori da decenni sono abbonati o ogni settimana li acquistano in edicola.
Un milione di copie, quattro milioni di lettori, forse danno fastidio a qualcuno, ma dicono di un radicamento sul territorio che può far sorgere parecchie invidie e far nascere disinformazione.
In quanto ai contributi si può aggiungere che i periodici diocesani, ma non solo loro, fino all’anno di competenza 2009, hanno percepito 20 …