Sui settimanali spazio anche ad alcune riflessioni sulle ricorrenze liturgiche di questi giorni: solennità dei Santi (1° novembre) e commemorazione dei defunti (2 novembre). La Chiesa – si legge su Emmaus (Macerata) – ha associato nel calendario liturgico la commemorazione dei morti con la solennità dei Santi per celebrare la comunione dei santi: la morte non ha avuto lultima parola sul destino delluomo per questo il Regno di Dio, come ci dicono i Vangeli, non è il regno dei morti ma il regno dei vivi. Rendere ragione della speranza è per luomo di fede sconfessare le aspettative umane nella loro pretesa di assolutezza, rendendo la coscienza sorda e impermeabile a ogni speranza ultraterrena. La risurrezione del Signore rivela lalternativa della speranza rispetto ad un mondo soggetto alla paura e restituisce alluomo la capacità di accettare la propria debolezza, compresa la paura della morte, nella certezza che essa non è lultimo traguardo. Per Bonifacio Mariani, direttore del Nuovo Amico del Popolo (Chieti-Vasto), i defunti invitano a scoprire l’orizzonte più ampio, i Santi ricordano la misura alta della vita, insieme suggeriscono di procedere un po’ più avanti nella conoscenza del grande mistero di vita che Dio ha deposto in ognuno. Ernesto Diaco, vicedirettore del Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina), si sofferma, in modo particolare, sulla solennità del 1° novembre, sottolineando che il Concilio Vaticano II, a cui è dedicato lAnno della fede appena inaugurato dal Papa, parla della santità nel documento sulla Chiesa e ricorda che tutti coloro che credono in Cristo, di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana, ossia la perfezione dellamore. E che tale santità promuove nella società terrena un tenore di vita più umano. Altro che fuga dal mondo o testa fra le nuvole. Poco oltre, si trova unaltra affermazione inattesa, là dove sembra capovolta la teoria della meta elevata da raggiungere con ogni sforzo. I discepoli di Gesù, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto. Un tesoro già nelle nostre mani, dunque, non il premio finale per i più buoni.