UNO SGUARDO ALLE TRINCEE
E UNO AL PREZZO DEL PANE

Nella notte tra il 14 e il 15 maggio del 1916 sulle truppe italiane dislocate lungo la frontiera tra Veneto e Trentino si abbatte una pioggia di fuoco mai vista prima: è il bombardamento a tappeto che prelude alla Strafexpedition, la geniale manovra che per poco non permetterà alle truppe imperiali di dilagare nella pianura veneta attraverso l’Altopiano di Asiago. Sotto l’avanzare delle truppe e il fuoco delle artiglierie, la popolazione è costretta ad abbandonare le sue case, iniziando una diaspora destinata a concludersi solo con la fine della guerra.
Già nel numero della “Difesa” del 28 maggio viene pubblicata una lettera del vescovo Luigi Pellizzo ai sacerdoti, dove si invitano tutti i parroci a cooperare con le autorità civili dando accoglienza e rifugio ai profughi. “E voi, parroci – scrive ancora Pellizzo il 1° giugno – seguite i vostri cari profughi: e se sono lontani e dispersi, ottenete dalle autorità un foglio di via e fate loro qualche visita, per confortarli, animarli, aiutarli”.
L’altra zona della diocesi padovana in cui l’avanzata nemica provoca dolorose lacerazioni è il Feltrino. Le vicarie di Valdobbiadene, Quero, Fonzaso rimangono per oltre un anno al di là delle linee nemiche, senza più alcun possibile contatto con Padova. Alla fine del 1918, la situazione incontrata dalle truppe italiane è così precaria che per il 24 novembre la diocesi promuove una raccolta di offerte coinvolgendo tutte le sue parrocchie, mentre il settimanale diocesano racconta in un lungo e accorato reportage la visita del vescovo Pellizzo nelle vallate riconquistate, per constatare di persona le condizioni della popolazione e i danni materiali arrecati ai paesi e alle chiese.
Fuori da ogni retorica militarista e patriottica (quanti preti inquisiti o mandati al confino perché nelle prediche ricordavano gli appelli del Papa per la pace!), con lo sguardo chino sulle sofferenze delle popolazioni civili, pronta a spronare e attenta a raccontare lo sforzo solidale che attraversa l’intera diocesi, “la Difesa del Popolo” in quegli anni drammatici fa davvero onore al suo nome. Le sue pagine, rilette oggi, offrono uno sguardo e regalano un sapore che merita di essere riscoperto. Non è la storia riletta criticamente dagli specialisti, ma quella che viene facendosi giorno dopo giorno, con uno sguardo alle trincee e uno al prezzo del pane, uno alla situazione degli sfollati e uno alle salme che sempre più numerose tornano ai loro paesi per l’ultimo saluto.
Una storia che oggi, a cento anni esatti da quei giorni, abbiamo deciso di rileggere con una serie d’iniziative che coinvolgeranno il giornale e il sito internet lungo i prossimi anni. Ogni mese da qui alla prossima primavera, e ogni quindici giorni a partire dall’anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, le pagine della “Difesa” di oggi restituiranno l’eco delle pagine della “Difesa” di ieri, in una sintesi degli articoli più significativi curata da Lorenzo Brunazzo che si tradurrà anche in una specifica pubblicazione.
Non solo: tutte le prime pagine degli anni di guerra sono state digitalizzate grazie al certosino lavoro del fotografo Giorgio Boato, e verranno offerte in vendita per gli appassionati in formato ad alta risoluzione tramite l’e-shop del sito internet del settimanale (www.difesapopolo.it).
I giornali di carta, dicono i più pessimisti, non hanno molto futuro di fronte a loro. Una cosa però è certa: i nostri giornali hanno un glorioso passato, sono stati testimoni e spesso protagonisti della storia italiana. Rileggere il passato, anche in tempi di frenesia tecnologica, non è mai esercizio fine a se stesso. Tutt’altro: per affrontare le sfide (durissime) che abbiamo di fronte, ci piace pensare che la cosa migliore sia proprio ripartire da qui, dal nostro passato, ridando aria e vita ai nostri straordinari archivi. Ridando voce a chi, cento anni fa, aveva il coraggio di affermare senza ambiguità…

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