Fra le nuove ministerialità che arricchiscono la vita della Chiesa in questo inizio di terzo millennio, un ruolo particolare lo rivestono quelle legate al mondo dei social media.
Sono passati ormai più di trent’anni da quando san Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio proponeva un cambio radicale di prospettiva nel rapporto fra comunità ecclesiali e mezzi della comunicazione sociale, «primo aeropago del tempo moderno»: quest’ultima non doveva più essere vista unicamente come espressione di oggetti da utilizzare ma come luogo da abitare.
E in quest’ottica la presenza sul Web richiede alle Chiese locali uno stile del tutto particolare: alle competenze tecniche deve affiancarsi la consapevolezza che siamo «chiamati a essere testimoni della verità» e
quindi impegnati ad «andare, vedere e condividere», come ci ha ricordato papa Francesco nel Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali di quest’anno.
Il confronto su queste tematiche è stato al centro del corso di formazione promosso dalla Federazione italiana settimanali cattolici e svoltosi a Roma la scorsa settimana in collaborazione con l’Ufficio nazionale delle Comunicazioni sociali e il contributo della Fondazione Comunicazione e cultura.
Su «Il linguaggio ecclesiale dal giornalismo cartaceo al giornalismo digitale: stili di una presenza ecclesiale nei social media» si sono confrontati una trentina di responsabili Web e social media impegnati nelle testate
diocesane. Con loro hanno dialogato Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio della Conferenza episcopale italiana, Federico Badaloni, responsabile dell’area di Architettura dell’informazione della Divisione digitale del Gruppo editoriale L’Espresso, Riccardo Benotti, caposervizio Agensir, e Cristian Gennari, fotogiornalista.
Fondamentale – è stato sottolineato – rimane il rapporto con il territorio, inteso non solo come entità fisica ma soprattutto come il luogo teologico in cui i media diocesani sono chiamati a vivere quotidianamente la propria “diakonìa informativa”. In tal senso non è possibile offrire una “ricetta” univoca per l’impegno in rete e sui social: il modo di proporsi al pubblico dei navigatori del Web (dalla scelta dei social su cui investire alla grafica con cui presentarsi…) richiede una professionalità calibrata nella sua
duttilità non solo sull’età ma anche sulla realtà culturale ed ecclesiale degli interlocutori locali.
I giornali aderenti alla Fisc hanno alle spalle un lungo cammino che ha accompagnato negli ultimi tre secoli le vicende della Chiesa universale e delle Chiese particolari: il mantenersi fedeli allo spirito con cui quotidiani e settimanali sono sorti dalla fine del 1800 a oggi in oltre 200 diocesi del nostro Paese non può oggi tramutarsi in una rincorsa impersonale al like ma deve confrontarsi con la capacità di saper ascoltare e raccontare le storie quotidiane degli uomini e delle donne che abitano le nostre città e i nostri paesi nella consapevolezza che «nessuno è una comparsa sulle scena
del mondo e la storia di ognuno è aperta ad un possibile cambiamento».
Ed è questa la ricetta per abitare “da influencer” anche il cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa italiana.
Mauro Ungaro
Presidente FISC
Fonte: www.avvenire.it (da Portaparola del 12/10/2021)