Un viaggio in Terra Santa alla vigilia dellAvvento è sempre unoccasione preziosa. Lo è stato ancora di più questanno, a pochi giorni dagli attentati di Parigi. La tensione internazionale è alle stelle. Anche nei luoghi che hanno visto la predicazione di Gesù di Nazaret si avverte un clima difficile, con i pellegrini, soprattutto italiani, che hanno cancellato molte prenotazioni. Nei luoghi santi si confida nella solidarietà dei cristiani. E si ringrazia quanti arrischiano viaggi per nulla semplici, visti i numerosi e scrupolosi controlli ai quali si viene sottoposti anche allaeroporto di Tel Aviv. Gerusalemme appare molto militarizzata e i muri che ovunque si incrociano non semplificano limpatto a chi giunge dallEuropa. Le divisioni esistono e la gente ne soffre più di quanto appaia. I territori palestinesi sono prigioni a cielo aperto. Le difficoltà economiche non accennano a diminuire. Anzi, sono amplificate dallisolamento che vivono migliaia di persone in cerca di lavoro e di uno spiraglio per assicurarsi un futuro di pace. Un filo rosso lega gli attentati terroristici di Parigi, labbattimento dellaereo russo nel Sinai e lattacco allhotel Radisson, in Mali, ai luoghi cari a tutte le religioni. Lo abbiamo toccato con mano in maniera evidente durante la visita nella Striscia di Gaza (cfr. Primo piano alle pagg. 4 e 5). Quasi due milioni di abitanti vivono compressi in uno spazio angusto. E soprattutto non hanno di che vivere. Solo gli aiuti internazionali alleviano, in parte, la sofferenza di una popolazione i cui ragazzi sognano un domani diverso e per questo si affidano allo studio. Non siamo tutti terroristi, ripetono in Medio Oriente e in Europa uomini e donne dai tratti arabi. Fatichiamo tutti in queste settimane nel tentare di distinguere. Eppure è necessario. Ci sono esperienze che fanno ben sperare, ora come duemila anni fa. Ci sono germi che fanno intravedere il desiderio di convivere pacificamente, nonostante le guerre, gli attentati degli ultimi giorni, le disgregazioni che permangono nel tempo. Nella città della natività, e in particolare nella basilica, arriva gente da tutto il mondo. Persone di ogni razza si fermano a contemplare il luogo dove è nato il figlio di Dio. Quel Gesù che ha cambiato il corso della storia e incide nelle vicende di ognuno di noi. La minuscola comunità cattolica attiva a Gaza (nemmeno 200 fedeli in tutto) è un segno concreto di una fede incarnata, non predicata. Pochissimi, ma a servizio di tutti, soprattutto dei più deboli e indifesi. Non importa il colore della pelle dei tanti bambini accolti. Si scruta nei loro volti limmagine di Dio.
Fonte: “Corriere Cesenate”
(giovedì 26 novembre 2015)