Il prete è un uomo, un uomo vero, anche con i suoi limiti, portatore, in lucerne di creta, di una luce inestinguibile che egli tiene sempre ardente ed alimenta come la lampada accanto al tabernacolo e come la Parola ”luce ai passi” dell’uomo anche e soprattutto a quello delle periferie sempre più lontane dell’ ”ora presente”.
Come sempre, le risonanze sui media della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, sono andate nella direzione delle questioni più scottanti di natura etica generale, bioetica ed emergenze sociali, senza escludere la descrizione sommaria della vita della Chiesa negli aspetti più immediati e concreti quali il saluto ai dodici vescovi novelli.
Non passeranno inosservate le ferme affermazioni sulla famiglia, patrimonio e cellula dellUmanità, di cui si fanno avanti nuove figure che fungono da cavallo di Troia
per scalzare culturalmente e socialmente il nucleo portante della persona e dellumano. Si spera, e si dovrebbe auspicare, che vengano riprese e diffuse anche le perentorie affermazioni lucide e incisive sui figli: non sono oggetti da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio dei desideri degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto ad un papà e una mamma. Agire in contrasto con questa visione antropologica è segno di un nichilismo (Nietzsche) che si aggira in Occidente distruggendo lo scopo, la risposta e tutti i valori.
Ma il cuore del discorso del cardinale presidente, oltre alla famiglia, in riferimento al Sinodo straordinario appena concluso, è rivolto ad intra, quasi come in famiglia: quello sui preti, primi collaboratori e amici. Questo è anche il tema centrale dellintera assemblea della Cei nella Domus Pacis della città di San Francesco accanto alla Porziuncola. In questo discorso Bagnasco, si è servito abbondantemente di Papa Francesco. Più che una trattazione ha rivolto un messaggio molto lontano da poter assomigliare ad una lezione dei superiori rivolta ai seminaristi. Nulla di tutto ciò. Il vescovo appartiene ai presbiteri, come i presbiteri appartengono al vescovo e tutti insieme, legati tra loro dal comune fondamento dellordine sacro, sia pure in gradi distinti, appartengono al popolo di Dio. Si tratta di una realtà collegiale che evita la tentazione sempre ricorrente dellindividualismo e il rischio di agire con azione solitaria e autoreferenziale. Ciò che lo Spirito ha fatto in noi toccando in profondità il nostro essere – afferma Bagnasco – configurandoci in modo singolare ed unico a Gesù Cristo, Capo e Pastore, Sacerdote e Sposo della Chiesa
costituisce il fondamento generativo del nostro ministero e della nostra fraternità. Da queste parole si vede piuttosto sfumata la distinzione tra episcopato e presbiterato nel segno della Chiesa per sua natura gerarchica, come continuamente riafferma Papa Francesco, nella prospettiva di una sempre più intensa comunione nella carità.
Il Presidente non affronta di petto le difficoltà, le incongruenze e le cadute che nel nostro tempo si sono manifestate e rese oggetto di pubblico scandalo, ma ha invitato a non avere paura, a non lasciarsi andare al lamento e allo scoraggiamento, ricorrendo alla preghiera che è sorgente di grazia e di forza e puntando sulla formazione del clero sia nella preparazione iniziale sia nella formazione permanente. Una formazione non astratta, impregnata di intellettualismo e funzionalismo, in cui si scorge la riproposizione di una specie di pelagianesimo, in quanto si appoggia su mezzi umani e sulle capacità organizzative del clero, trascurando lazione della grazia.