Grazie Papa Francesco. Perché tutti noi, credenti e non credenti, possiamo riscrivere in caratteri cubitali per la nostra vita e per il corso della storia presente le parole Gioia del Vangelo. Cè del coraggio in questo titolo dellesortazione apostolica. Non nasce dallofferta di consumo, che è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata.
Viene invece da un affascinamento, anzi, se non fosse irrispettoso, da un innamoramento nel quale le parole escono dal cuore suggerite da una luminosa intelligenza. Ad esse corrispondono la sua vita e le sue convinzioni. Lo si è capito subito, fin dal suo apparire sul balcone della basilica di San Pietro. Il suo sorriso abituale è già un annuncio del Vangelo, fino a contraddire la stessa mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, travisato in gloria umana e in benessere personale. È una denuncia, un rimprovero ma non ferisce, non scoraggia; si trasforma in un impegno, in una promessa.
Il fascino – insiste Papa Francesco – di poter mostrare conquiste sociali e politiche, la vanagloria legata alla gestione di faccende pratiche è di per sé unaccusa alle debolezze della comunità cristiana, ma non offende le persone perché le ama. Linnamorato può parlare schietto, senza essere pessimista; può denunciare in quanto, invece che ribellione, suscita conversione.
Conoscendo le fragilità della vita umana, essendo stato immerso nel dolore delle popolazioni povere, avendo compreso il dolore delle donne, Bergoglio può affermare che non è progressista eliminare una vita umana. E aggiunge che non è un argomento soggetto a presunte riforme o a modernizzazioni. Da qui il dovere della Chiesa di prendersi cura dei più deboli, dei bambini nascituri.
Sul terreno dei valori non negoziabili rivela tutta la continuità del suo magistero con quello dei Papi suoi predecessori. Ma più che la denuncia preferisce seguire la via del kerigma, dellannuncio. La Chiesa è madre, perciò deve riflettere la bontà di Dio, la sua misericordia, invece allesterno, ma forse anche allinterno, vien percepita come una dogana non una casa paterna. Si rivolge a tutti i cristiani ma quel noi ci comportiamo come controllori apre diretto ai sacerdoti, ai vescovi stessi, ai confessori. Se fosse stato Papa Wojtyla a osare tanto, i media avrebbero detto che il Papa ha tuonato, sgridato, rimproverato. Papa Francesco sorprende nella sua genuinità fino a disarmare le obiezioni, il malumore.
E, allora, può concedersi molto di più. Anzitutto svegliare lo spirito missionario della sua Chiesa. Con delicatezza chiede di partecipare al suo sogno missionario per trasformare tutto: Le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale al fine di adeguarli allevangelizzazione. Se non fosse mite quanto energico questo invito del Papa si potrebbe ascrivere alle utopie rivoluzionarie. Nel suo cuore è un atto damore, nel suo pensiero un programma che intende avviare. Audacia della fede e creatività si coniugano insieme nel suo sogno missionario.
Intende, però, condividerle con tutti i vescovi, con le Conferenze episcopali. Pensa seriamente e in modo ardito a una decentralizzazione e conversione del papato. Deve finire il primato della solitudine. Lo domanda luniversalizzazione della Chiesa attuale. Non si tratta di copiare la politica multilaterale degli Stati. Piuttosto occorre attuare in maniera diversa le relazioni ecclesiali senza escludere una chiamata in campo più forte del genio della donna.
La Chiesa di Papa Francesco si riforma anche nelle sue strutture per stare nel mondo globalizzato, in rete, non per dominare come leconomia dellesclusione e iniquità o la cultura dello scarto. Davvero una esortazione da brivido evangelico.