Sempre più alta la tensione fra Israele e Hamas: i razzi lanciati dalla Striscia di Gaza hanno bersagliato, dopo 21 anni, anche Tel Aviv, scatenando la violenta risposta dellesercito israeliano, che ha richiamato 16 mila riservisti in gran parte appartenenti a fanteria e genio. Il bilancio parla di 19 morti palestinesi, 3 israeliani, 200 feriti a Gaza. Complessivamente, tra mercoledì e giovedì, i razzi partiti da Gaza sarebbero oltre 380, centinaia gli obiettivi colpiti. Almeno 25 i missili intercettati dal sistema di difesa israeliano. Dopo la breve visita del premier egiziano, Hisham Kandil, domani nella Striscia è atteso il ministro degli Esteri tunisino, Rafiq Abdessalam. Da più parti arrivano appelli alla calma e alla moderazione, mentre il vicepremier di Ankara, Bulent Arinc, ha proposto a Israele di avviare un dialogo per porre fine alla crisi. Un invito importante che giunge nonostante lo stop, lungo due anni, delle relazioni bilaterali verificatosi dopo lassalto israeliano alla flottiglia per Gaza che fece 9 vittime fra gli attivisti turchi nel 2010. Nel frattempo nel Sud dIsraele, fino a un raggio di 40 Km da Gaza, le scuole sono state chiuse. In Israele e in Cisgiordania è stato elevato lo stato di allerta per timore di attentati terroristici. Lo stesso lungo i confini con Libano e Siria. Sulla crisi a Gaza, il Sir ha posto alcune domande a Khaled Fouad Allam, docente dislamistica allUniversità degli studi di Urbino, a margine del convegno organizzato dallIstituto Maritain e dallassociazione Rondine Cittadella della pace, che si è aperto oggi (fino a domani) ad Arezzo su Pace e guerra tra le nazioni a 50 anni dalla Pacem in Terris.
Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni nella Striscia di Gaza ci riporta indietro di quattro anni, alla sanguinosa operazione israeliana Piombo fuso
Il contesto attuale, rispetto a quello del dicembre 2008, quando prese corpo loperazione Piombo fuso, è piuttosto diverso. Non si può analizzare il conflitto israelo-palestinese senza tenere in considerazione quello che sta accadendo a livello mondiale in questi ultimi anni, in particolare il vuoto politico riguardo a questo ultradecennale conflitto. Si tratta di un fattore molto pericoloso poiché lassenza di un interlocutore e di un tavolo di negoziato può dare libero corso al conflitto del quale viene occultata la dimensione politica. A questo si aggiunga che la crisi in atto capita in un momento di grande cambiamento storico per il Medio Oriente, con la cosiddetta Primavera araba che ha visto affermarsi, nella gran parte dei casi, i Fratelli Musulmani con la nebulosa dei Salafiti. Questo rende più complicato lagone. Siamo allinizio di una crisi che, se non si ferma subito, potrebbe degenerare pericolosamente in tutta la regione e non solo.
Quali, a suo avviso, le cause di questa crisi? Solo il lancio di razzi palestinesi o lavvicinarsi delle elezioni israeliane che vedrà, a gennaio 2013, il premier Netanyahu alleato con il leader della destra Lieberman?
Ogni lettura ha una sua validità, anche quella elettorale. Lattacco potrebbe avere un peso sullelettorato israeliano creando forte consenso politico. Va, tuttavia, tenuta in considerazione anche lenorme pressione araba e delle sue ali più radicali che, in assenza dinterlocutori, Europa e Usa in testa, crea i presupposti per la degenerazione della crisi.
Una vittoria di Netanyahu al voto di gennaio potrebbe ulteriormente radicalizzare le posizioni in campo, israeliane e palestinesi, e allontanare così uneventuale ripresa negoziale?