ADDIO, NINI

Il giorno 1º novembre, solennità liturgica di Tutti i Santi, mentre veniva celebrata la Messa nella cappella di Casa Sant’Anna, nella sua Valdonega, dove risiedeva da alcuni anni, è mancato il ragioniere Michele Sorio, da tutti conosciuto con il diminutivo di Nini.
Nato a Rivoli Veronese il 13 ottobre 1922, è stato per 33 anni (dal 1963 al ’96) amministratore di Verona Fedele, durante le direzioni di mons. Aldo Gobbi, mons. Walter Pertegato e mons. Bruno Fasani.
Presentiamo in questa pagina alcune testimonianze sul suo multiforme servizio a favore di diverse realtà diocesane.
 
Un uomo d’altri tempi,
impareggiabile collaboratore
 
Era la fine degli anni Ottanta quando, entrando nella famiglia di Verona Fedele incontrai per la prima volta il ragionier Sorio, el Nini, com’era consuetudine chiamarlo tra di noi. Allora a dirigere il settimanale c’era l’indimenticato mons. Walter Pertegato, uomo e prete di singolare generosità ed innocenza. Talmente innocente che, per aprirgli la cassaforte del cuore e del portafoglio, bastava raccontargli qualche disgrazia. Vera o falsa che fosse, tra le parole del questuante e la risposta di don Walter non c’era spazio per il dubbio, il sospetto o, più semplicemente, per il discernimento critico. Fu guardando al direttore che capii chi era l’amministratore Sorio. Qualcuno, non senza una certa malizia, lo chiamava il direttore ombra, ma di fatto non era così. In qualche circostanza poteva anche prestarsi a questo tipo di lettura. In fondo nessuno come lui conosceva la macchina del giornale. Era lì dai tempi d’oro di mons. Aldo Gobbi, quando Verona Fedele con sessantamila copie era l’unico giornale che entrava nelle famiglie cattoliche della Diocesi, prima che le case venissero invase dalla Tv e da tanta altra “carta” alternativa. Tempi d’oro che avevano consentito di accumulare qualche risparmio e il rilancio del settimanale della Diocesi, con il Nini amministratore, consigliere, revisore di bozze, acuto osservatore dei fatti e dello scenario politico… Sapeva fare tutto, ma non l’ho mai visto una sola volta intromettersi nella linea editoriale o nei contenuti prettamente giornalistici. La sua era la presenza rassicurante dell’esperto, una vigilanza in punta di cuore, straordinariamente competente nei propri ambiti operativi, ma mai prevaricante. Era una certezza e una sicurezza. Di lui mi colpirono, da subito, lo spessore morale e l’intelligenza. Si intuiva che apparteneva alla generazione dei cattolici che avevano rimesso in piedi l’Italia del dopoguerra. Formato nelle file dell’Azione Cattolica, di cui aveva ricoperto anche ruoli di responsabilità, respirava dalla sua formazione le virtù civili dei padri costituenti e quelle morali di un cattolicesimo vissuto in prima linea durante la sfida del fascismo e della ricostruzione a guerra finita. Uomo d’altri tempi, amava la Chiesa e aveva per i preti un rispetto dal quale tutti dovremmo imparare. Non che non ne vedesse i limiti, ma in essi vedeva prima di tutto i mediatori del Mistero e, come tali, li stimava pur vedendone le fragilità. Non l’ho mai sentito esprimere un giudizio duro o tranciante contro qualcuno di loro. Sotto la mia direzione, il Nini fu collaboratore impareggiabile. Anni belli, di autentica fraternità, quando bastava una pacca sulla spalla per dirmi la sua perfetta sintonia e la sua stima, ricambiata. Quante volte è venuto a ringraziarmi per qualche editoriale che gli era particolarmente piaciuto. Per capirci bastava l’intesa dello sguardo. Una complicità rispettosa, leale, mai invadente. Dimostrava in questo, lui che era uomo rigoroso e forte, una grandissima finezza d’animo e sensibilità non comune. Lui che, a pieno titolo, poteva dirsi la memoria storica del giornale, sapeva sempre stare un passo indietro, chiedendo sempre il permesso prima di muovere un passo. Era, in questo senso, un vero signore. Sempre. Anche q…

Condividi