Sono tante ancora le incertezze sul futuro di centinaia di testate, soprattutto locali, nonostante il rifinanziamento del Fondo per leditoria, che da 47 milioni è passato a 120 milioni. Una boccata dossigeno per le aziende editrici, che già avevano messo per intero a bilancio i crediti vantati verso lo Stato, considerati da sempre i più sicuri ed esigibili. Certezza ormai venuta meno in questo particolare frangente storico, commenta Francesco Zanotti, presidente della Fisc, Federazione cui fanno capo 185 testate cattoliche locali. Su 185 solo una settantina percepisce contributi per un totale che non raggiunge i 4 milioni di euro. Briciole di contributi, li definisce Zanotti, visto che nel complesso le circa 70 testate tirano 5-600 mila copie, danno lavoro a 4-500 persone per un fatturato complessivo di almeno 30-35 milioni di euro. In queste settimane si stanno elaborando nuovi criteri di assegnazione dei fondi. Intanto, il 12 aprile, la Fisc sarà ricevuta da Paolo Peluffo, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, con delega allInformazione e alla Comunicazione. Ma qual è lo stato di salute dei giornali Fisc? Ne parliamo con il presidente Zanotti.
Qual è la situazione attuale?
Al momento i contributi relativi allanno 2011, stando alle ultimissime notizie raccolte, sono nella misura del 70%. Il governo si sta adoperando per arrivare all80%, grazie a risorse che dovrebbe recuperare dal cosiddetto Fondo Letta. Si tratta dell80% dell85% incassato dagli editori lo scorso dicembre. Siamo sempre in forte arretramento, come si può notare. Inoltre occorre comprendere lincertezza nella quale si continua a navigare, perché stiamo parlando di contributi dello scorso anno e siamo ad esercizio di bilancio chiuso da quasi tre mesi.
Parlare di contributi pubblici alleditoria significa avere a che fare con un argomento assai delicato, che tocca gli equilibri stessi della democrazia…
È un argomento che non fa proseliti. È invisa ogni contribuzione pubblica. In più, si sono smarrite le ragioni per cui sono stati istituiti tali contributi: favorire il pluralismo nellinformazione e mettere puntelli al mercato pubblicitario, quasi tutto drenato dai grandi network nazionali. Il solo meccanismo della domanda e dellofferta non può essere assunto come metro per regolare le presenze in edicola. La pluralità delle voci è un bene a cui una democrazia moderna non può rinunciare. E i cittadini devono difendere questo loro diritto a poter accedere a voci diverse. È sufficiente pensare a cosa accade quando in uno Stato avviene un rovesciamento di potere: si occupano le tv e le radio e si chiudono i giornali. Su questo occorre riflettere, e non poco.
Il momento attuale richiede sacrifici un po a tutti. E parlare di contributi pubblici diventa ancora più difficile.
Tutti siamo chiamati a compiere sacrifici. Ne siamo coscienti anche noi. Di certo non ci sottraiamo. So che nei nostri giornali non si sprecano risorse, di alcun genere. Da tempo parliamo di rigore ed equità. Rigore nellapplicazione di criteri anche più selettivi. Equità affinché situazioni simili siano trattate in eguale maniera. Se tutti quanti saremo più rigorosi, lopinione pubblica potrebbe avere un atteggiamento più benevolo verso questi contributi diretti. Daltronde, tutti desideriamo che si evitino sprechi di denaro pubblico.
Perché la stampa, specialmente quella locale, va aiutata?