Globtrotter inarrestabile “rotellando per il mondo”

“Ho vissuto una vita piena, ho viaggiato su tutte le strade, ma più, molto più di questo: l’ho fatto a modo mio”. E incredibilmente tutta condensata in questa strofa della celeberrima canzone “My way” (A modo mio) cantata dal mitico Frank Sinatra, la vita, o meglio il modo di viverla di Vittorio Cavini, figura storica del giornalismo e del mondo culturale altoatesino. Una vita approdata alle 80 primavere che Vittorio ha voluto festeggiare l’11 marzo scorso al ristorante “Da Santoni” in via Mainardo a Merano. Anche questa volta, naturalmente a modo suo, come sempre, attorniato dalle figlie Giorgia e Claudia, dai fratelli Benito e Romano, da amici di ieri (Giulio Cristofolini in prima fila) e di oggi e, immancabilmente, dalla vecchia guardia del giornalismo locale con Carlo Ziller in testa, dando a tutti l’ennesima, perentoria lezione di ottimismo senza fine.
 
“Ho vissuto tutto senza risparmiarmi nulla”
“Rimpianti ne ho avuti, qualcuno, ma ancora troppo pochi per citarli  – dice un’altra strofa di My way citata proprio dal fratello Romano nel corso della serata del giubileo e al quale si deve l’idea originale e intelligente del calzante parallelo con la vita di Vittorio – ho fatto quello che dovevo fare, ho vissuto tutto senza risparmiarmi nulla”.
E Vittorio Cavini, aggredito sulla soglia dei 48 anni, dalla sclerosi multipla non si è mai arreso ed ha reagito con coraggio autentico e con la sua incrollabile forza d’animo, intenzionato a non frenare, neppure per un attimo, il suo istinto di giramondo che lo ha portato a percorrere le strade del globo, da est a ovest, prima aiutandosi con le stampelle, poi sulla sedia a rotelle. Senza fermarsi mai davanti a qualunque difficoltà cercasse di sbarrargli la strada.
 
Dagli appunti di viaggio alle storie
Un cammino, il suo, da vero globtrotter inarrestabile e curioso, pronto ad ogni fine viaggio a trasformare i suoi appunti in storie, a volte toccante a volte quasi comiche, sempre e comunque godibili ed autentiche, piene di amore per i popoli più diversi e per i deboli in particolare. Partendo dai primi viaggi nel deserto quando era passato dalla redazione altoatesina de “Il Giorno” alla sede Rai di Bolzano, come inviato speciale nel cuore dell’Africa, poi nel Benin per aiutare Alpidio Balbo e la sua comunità impegnata nel progetto umanitario “Un pozzo per la vita”. E via via sempre più lontano verso ovest, nelle due Americhe (dove tornerà più volte anche quando andrà in pensione), per realizzare reportage trasformati poi in racconti nei suoi libri, incantato e innamorato della natura, del mondo animale, senza mai perdere di vista i bisogni dei meno fortunati.
 
Gli inizi alla fine degli anni Cinquanta con Bruno Borlandi
La sua storia comincia professionalmente alla fine degli anni Cinquanta come figlio legittimo dell’intraprendenza cronistica di Bruno Borlandi che fu tra i primi giornalisti storici del quotidiano di casa “Alto Adige” negli anni della cosiddetta Ricostruzione. Negli anni Sessanta approda alla redazione di Merano dell’Alto Adige, (il primo settembre del 1962 sposa Silvia Piccinelli che gli darà due figlie, Giorgia lo stesso anno e Claudia nel 1964). Presto trascinerà nel “mestieraccio” anche il fratello minore Romano, con cui qualche anno dopo passerà (era il 1974) alla redazione altoatesina de “Il Giorno”, prima coraggiosa esperienza regionale di una testata nazionale, che cessò la pubblicazione dell’inserto locale dopo circa tre anni con l’approvazione del “Pacchetto”. Dopo una breve esperienza alla redazione milanese de “Il Giorno”, alla fine del 1977 viene assunto alla Rai di Bolzano dove resterà fino al raggiungimento della pensione nel 1993.
 
Guidato sempre da un’inguaribile ottimismo
Non è mancata nella s…

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